Sai perché diciamo che alcuni argomenti sono dei tabù?

Le parole tabù

I Papua della Nuova Guinea, nell'oceano pacifico, sono esperti cacciatori e vivono in villaggi di palafitte sopra i fiumi.  

Mentre parlano tra di loro, si può osservare di frequente che uno degli indigeni tace improvvisamente, si vede chiaramente che è spaventato come se avesse pronunciato una bestemmia. Dire una parola che per altre persone non ha alcuna importanza, come paura o dolore, che per i Papua racchiude un terribile significato. Allora l'indigeno procura di evitare il maleficio esclamando, la testa contro il suolo: “Ho menzionato un nome per sbaglio. Lo scaglio per le fessure della terra perché io possa continuare a mangiare come voglio”. In molti paesi esistono ancora oggi parole considerate“ tabù” e che non si possono pronunciare, pena misteriosi castighi.

Queste proibizioni riguardano, a seconda delle credenze di ciascun popolo, diversi animali, oggetti ed elementi fisici.

Nei secoli passati, i tabù erano frequenti possiamo dire, in tutti i paesi del mondo, e più diverse sventure che potevano accadere a una persona, si mettevano in rapporto con questi divieti. La gente aveva terrore a pronunciare fenomeni naturali come il tuono, il vento, il terremoto, le inondazioni. Si affermava che ciascun vocabolo possedeva un fluido speciale che lo univa con l'oggetto da esso designato, e che una volta pronunciato, poteva trasmettere le sue caratteristiche. Gli abitanti della Nuova Britannia, quando si avvicinavano al territorio dei loro nemici, non usavano il vero nome della tribù di questi, ma ne chiamavano i membri“ tronchi d'albero putridi “: pensavano infatti che in questo modo i loro avversari si sarebbero presto mutati in essere torpidi e pesanti come tronchi morti.

Queste credenze sono fortemente radicate tra i popoli che conservano ancora costumi primitivi. È troppo sbrigativo chiamarle semplici superstizioni: bisogna vederle nell' insieme dei rapporti di questi popoli con la natura e il mondo soprannaturale. Vi sono seri studi fatti da etnologi e antropologi. Ancora oggi paesi tecnicamente sviluppati sono soliti evitare certe parole, a volte sotto l'influsso delle tradizioni e a volte per pura superstizione. Invece di morte, si dice scomparsa, invece di cancro, male incurabile, o inesorabile e così via. Presso gli eschimesi, navahos, africani, australiani, malesi e altri popoli una pratica relativa ai nomi delle persone. Pronunciare il nome di un amico o di un familiare è un grave delitto che talvolta si castiga con la morte, perché si crede che un nemico, se ne viene a conoscenza, può usarlo per compiere dei malefizi, per evitare questo, si dà a ciascuno un soprannome, che si può pronunciare in pubblico senza attirare disgrazie.Il nome vero è custodito da pochi intimi, come qualcosa di molto segreto. Quando una persona muore si cambia ancora nome, per impedire al suo spirito di far del male a chi lo menziona.

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