Breve storia dei manifesti pubblicitari

Dalla rete internet, televisione, radio e stampa, fino al più piccolo involucro di un prodotto, la pubblicità, ovvero l'arte di attrarre l'attenzione del pubblico su oggetti di consumo, è oramai nella nostra vita quotidiana.

L'aspetto della città di oggi ne è un esempio: la pubblicità esterna con manifesti e cartelloni, invade le pubbliche vie e i tunnel delle metropolitane, viaggia sulla carrozzeria e all'interno degli autobus, sfavilla di notte nelle scritte luminose degli edifici, sulle rotonde, anche i cestini dell'immondizia sono un buon posto per piazzarvi uno dei tanti avvisi pubblicitari.

Alcuni anni fa, una grande impresa americana di pubblicità, presentò il progetto di un manifesto “ sonoro” , fortunatamente l'idea venne respinta. Immagina se tutti i cartelloni della pubblicità diventassero imbonitori di se stessi e cominciassero a gridare, tutti insieme, i pregi del prodotto annunciato? Certo le strade sembrerebbero delle fiere permanenti, dove le grida di richiamo, insieme al frastuono del traffico, renderebbero la vita impossibile. Infatti, un buon manifesto pubblicitario non ha bisogno di essere sonoro.

Il suo scopo è quello di essere un grido sulla parete, ma è un grido che si ascolta con la vista.

Ciò si ottiene generalmente con il colore, incaricato di sostituire la voce. Le tonalità di solito sono vistose, ben accostate e magari con effetto di contrasto, sfumature rilassanti quando il loro messaggio presenta un oggetto gradevole, fresco, o calde e luminose, quando annunciano un prodotto dinamico, “ giovane”, e così via.

Tutto nella pubblicità , mira a colpire i sensi, sono questi i clienti migliori, sono loro difatti, che captano le sensazioni e che, di conseguenza, ci aiutano a distinguere un prodotto da un altro, e anche a farcene un'idea favorevole ancora prima di usarlo.

Una delle più grandi scoperte della pubblicità è stato lo slogan, parola o frase rapida e di comprensione immediata. Nello slogan è racchiuso il tema pubblicitario che consiglia il consumatore, o lo attrae come futuro cliente: sapore ineguagliabile del caffè, oppure : "x" la fibra che resiste ad oltranza!, altre volte è un gioco di parole, o un vocabolo nuovo, come la definizione amarevole, che suggerisce le qualità amare e amarevoli di una certa bibita.

I linguisti rabbrividiscono alla comparsa di queste nuove parole-mostro: ma il grosso pubblico rimane, per così dire, agganciato dalla loro stessa stranezza. È di fatto, l'insistenza e la facilità con cui si stampa nella memoria, fa si che lo slogan si inserisca nella conversazione di tutti i giorni come frase fatta, è il caso per esempio di più bianco del bianco, espressione lanciata per una campagna pubblicitaria di un detersivo. In altri casi, anche se la parola, o la frase, non entra nel linguaggio della comunicazione, rimane impressa nella memoria; qualcuna resta persino nella storia della lingua e del costume , come metti una tigre nel motore, contro il logorio della vita moderna...

In certi casi l'influsso della pubblicità arriva a tali estremi, e l'uso di una marca diventa tanto comune, che il suo nome brevettato, si è esteso a tutti i prodotti dello stesso tipo. È quello che è accaduto al borotalco, nome esclusivo di un prodotto di una nota ditta. È accaduto la stessa cosa ai kleenex, allo scotch allo scottex e a qualche altro fortunato prodotto lanciato da una campagna pubblicitaria ben diretta.

Il cliente finisce così con il chiedere automaticamente il prodotto il cui nome gli viene per primo alla memoria, inoltre, lo sceglie convinto dal fatto che lo usano tutti, mentre diffida di un'altra marca che si presenta sul mercato orfana di pubblicità.

L'antico detto il buon panno si vende dentro la balla, (per significare che un buon prodotto si raccomanda da sé), non è più valido per i commercianti e può anche darsi che non lo sia mai stato, perché anche nel passato esisteva la pubblicità.

A Parigi, nel 1616, il re fu costretto a promulgare un decreto che limitava le dimensioni e le altezze delle insegne commerciali, perché incominciavano ad essere un pericolo soprattutto per la testa di alcuni passanti distratti.

Quasi ogni anno si organizzano e si allestiscono numerose esposizioni di manifesti d'arte antichi e moderni. Vi si trovano esposti i primitivi del 1900, con le loro masse di colori chiassosi, o le ultime trovate grafiche dei pubblicitari d'avanguardia, che si studiano di produrre una forte impressione a prima vista, tanto più difficile da realizzarsi quanto più numerosi sono diventati questi mezzi di richiamo.

Il manifesto ha origine molto lontane. Presso varie civiltà antiche la pittura sui muri annunciava feste o avvenimenti importanti. Nel medioevo, rozzi disegni affissi nelle pubbliche piazze attiravano la gene a rappresentazioni teatrali, cerimonie religiose ecc. Durante il secolo XIX, grazie alle nuove tecniche di stampa, il manifesto si trasformò nel mezzo pubblicitario ideale. È a Parigi che si utilizzò e si perfezionò al massimo la nuova arte, grazie alla collaborazione di pittori di fama. I manifesti di Toulouse – Lautrec, Daumier, Chéret, che facevano pubblicità a mostre, aperitivi, cabaret, sono vivaci e pregevoli testimonianze di un'epoca molto interessante. Nei primi anni del Novecento, in Italia, il manifesto ebbe gràfici eccellenti, tra cui Francesco Capiello; oggi i collezionisti pagano forti somme per quegli esemplari che un tempo arredavano i caffè e decoravano le vie.

Dopo gli anni sessanta, il manifesto ha avuto una nuova forte diffusione e un notevole rinnovamento. L'apparizione dei complessi musicali pop, sostenuti da grandissime campagne pubblicitarie, ha portato una rottura con i metodi tradizionali di comunicazione audiovisiva. Il manifesto tende ad introdurre nei consumi un prodotto determinato mediante una rappresentazione che rispecchi la problematica della sua epoca; qualche altro si limita a raffigurare un personaggio celebre, a trasmettere un'idea di contenuto sociale e politico; in tal modo diventa un potente mezzo di manipolazione delle masse, un'idea – forza che viene captata immediatamente, attraverso l'immagine abbinata a uno slogan, da milioni di persone che la registrano nella memoria, senza alcuno sforzo cosciente attivo.

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