Di alcune parole straniere mancano le equivalenti italiane e per tradurle occorrono lunghe e noiose perifrasi, esempio è la parola shampoo, che equivale a miscela detersiva liquida profumata e schiumogena, per lavare i capelli. Troppo lunga, quindi meglio tenere shampoo.
Sit-in: dimostrazione pacifica di gente, che si siede in mezzo alla strada e blocca il traffico, per protestare contro le autorità, ma anche questa è troppo lunga, quindi teniamo buono sit-in. Ma in molti casi non solo abbiamo nel dizionario il vocabolo corrispondente, speculare ( supermarket = supermercato, part-time = tempo parziale, camping = campeggio), ma addirittura abbiamo a disposizione molti sinonimi, tra i quali possiamo scegliere quello che meglio rappresenta il nostro pensiero.
Prendiamo ad esempio la parola choc, da choc è stato ricavato scioccare, ma possiamo usare anche parole come: toccare, colpire, turbale, conturbare; commuovere, scuotere, impressionare, sconvolgere, scombussolare, sbalordire.
Al posto di scioccato abbiamo a disposizione: toccato, colpito, turbato, commosso, emozionato, eccitato, scosso, impressionato, sconvolto, stravolto, scombussolato, sbalordito, esterrefatto.
Siamo un po' come dei miliardari che chiedono l'elemosina.
Eclatante è parola italianizzata dal francese “éclatant”, eppure basta cercare sul dizionario per trovare: clamoroso, strepitoso, eccezionale, sorprendente, lampante, sfavillante, smagliante, sfolgorante, splendente, radioso, fulgido, fulgente.
In quasi tutti i settori e aziende esiste un manager, che esamina il trend delle vendite, fissa il target per il prossimo futuro, e vi adegua il buget.
Parlando di attualità, pensiamo a tutte le leggi o provvedimenti che portano nomi inglesi, spending review, jobs act, austerity, devolution o stepchild adoption, tutti termini perfettamente sostituibili in italiano con revisione di spesa (pubblica), legge sul lavoro, austerità, devoluzione e adozione del figlio del coniuge rispettivamente.
Per saper usare correttamente le parole straniere, il linguista e sociologo Francesco Sabatini, ci propone quattro domande per verificare se la parola straniera che stiamo usando ci serve veramente:
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“Sei veramente padrone del significato di quel termine?”
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“Lo sai pronunciare correttamente?”
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“Lo sai anche scrivere correttamente?”
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“Sei sicuro che il tuo interlocutore lo comprende?”
Se non tutte queste condizioni sono soddisfatte, afferma il linguista, vuol dire che:
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“stai facendo una brutta figura”;
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“oppure usi quel termine per pigrizia”;
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“oppure disprezzi il tuo interlocutore”